Loading cart contents...
Tommaso Rodano, “Il PCI era libertà e speranza di non essere solo dei servi (Intervista a Norberto Natali)”, Il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2021
Tommaso Rodano, “Il PCI era libertà e speranza di non essere solo dei servi (Intervista a Norberto Natali)“, Il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2021
A 100 anni dalla nascita del Pci, Natali custodisce la memoria storica del partito e de suo quartiere: Casal Bruciato, periferia est di Roma. Operaio e militante, ricorda e battaglie per gli abitanti delle borgate, quelle per i diritti dei lavoratori e gli aneddoti delle Botteghe Oscure e dei suoi dirigenti. Come quando fece parte del servizio d’ordine di Enrico Berlinguer nella campagna elettorale in Calabria e “placcò” un boss ‘ndranghetista che voleva farsi una foto col segretario.
Di recente ha scritto un libro (“La lotta per la difesa del PCI” – Red Star Press) e tiene viva la memoria del partito comunista italiano sulla pagina facebook “La forza del popolo”.
Norberto Natali ricorda quella volta che guidò una delegazione della gioventù comunista – Fgci, corrente filosovietica – in visita ai fratelli maggiori di Mosca. Sorride beffardo: “Era da poco morto Breznev e noi eravamo lì per ricucire i rapporti con l’Urss, sfilacciati dallo strappo di Berlinguer. Il capodelegazione era tornato a Roma due giorni prima.
Ne approfittai per rilasciare una ‘dichiarazione congiunta’ che in realtà era soltanto mia: un comunicato dei comunisti italiani contro la Nato”.
Mostra un titolo di giornale e una fotografia a prova della sua impresa. “Alle Botteghe Oscure uscirono pazzi. Pensavano fosse un falso fabbricato a Mosca: non hanno mai saputo che era uno scherzo. Né che ero stato io”.
Oggi Natali porta gli occhiali scuri: una vita di militanza gli ha fiaccato il corpo e tolto la vista. Lo spirito è intatto.
È una memoria storica assoluta di Casal Bruciato, il suo quartiere, e della storia del Pci. Le due entità – la periferia e il partito – hanno vissuto a lungo in simbiosi: la sezione “Francesco Moranino” era la chiesa laica al centro del villaggio. Poi il Pci ha abdicato, la sezione ha chiuso e l’ultima volta che l’opinione pubblica si è occupata di Casal Bruciato è stata per le proteste organizzate da CasaPound contro un alloggio popolare assegnato a una famiglia rom. Ma ci arriviamo con calma.
La prima domanda tiene insieme tutte le altre: cos’era per lei il Pci?
La possibilità di non essere solo dei servi, la speranza di essere persone libere.
Si spieghi.
Ero operaio ma vivevo bene. Guadagnavamo il triplo dei proletari di oggi, sapevamo di poter contare su pensione e liquidazione. Non ci sentivamo sotto il ricatto del bisogno.
Per lei era merito del Pci?
Finché c’era il Pci nessun lavoratore s’è mai trovato in mezzo a una strada da un giorno all’altro. Questa è stata la sua funzione storica: non lasciare nessuno da solo, oppresso o sfruttato. Contava il rapporto di forza tra le classi costruito nel tempo. Tutto l’asse politico era orientato molto più a sinistra di oggi.
Casal Bruciato tra gli anni 60 e 70 è diventata una somma di tutti gli esclusi di Roma: arrivavano sfollati, alluvionati e senza casa dalle altre borgate. Qual è stato il ruolo del Pci nel quartiere?
La sezione era centrale, il segretario era un po’ capopopolo e un po’ confessore. Gli chiedevano di risolvere pure le beghe familiari: andavano a sfogarsi da lui le donne degli alcolizzati e di chi aveva problemi di droga.
C’era molta droga?
E tanto alcolismo. Mi ricordo la battuta di un segretario di sezione: “Maledetto vino, si ricordano del partito solo quando sono ubriachi!”. Il Pci provava a esercitare una funzione di controllo sulla criminalità e sullo spaccio. Era il fulcro di una rete sociale di palestre, circoli e attività ricreative. La droga era già dappertutto, ma c’era anche la lotta. E molta più allegria.
C’era la “Carlo Levi”, una scuola di boxe che ha sfornato campioni. E dove era stato recuperato il ring delle Olimpiadi di Roma ‘60, su cui aveva combattuto Cassius Clay.
Era un’occupazione sottratta a una speculazione edilizia, l’aprimmo insieme a Marcello Stella, un compagno della Moranino. Ha tenuto lontani tanti ragazzi dalla strada. Ora è chiusa anche quella.
Quanto prendeva il Pci a Casal Bruciato?
Sì e no il 40%, nella circoscrizione eravamo intorno al 50. Anche il Movimento Sociale era forte, in alcune vie prendeva il 15%, ma non si è mai vista nemmeno l’ombra della loro presenza: quando c’era il Pci non si palesavano fascisti, CasaPound o Salvini. Sono i prodotti dell’assenza del Partito.
Un anno e mezzo fa è scoppiata la protesta contro una famiglia rom. Casalbruciato è razzista?
Hanno partecipato persone che conosco. Comunisti, gente che stava con Berlinguer.
E che ci facevano con Casapound?
Si sono serviti della destra per motivazioni comprensibili e sbagliate. È stato un grido: sono povero e incazzato. Ci avete lasciato soli. Il quartiere è pieno di precari. Le case del Comune sono pericolanti, senza manutenzione, con i riscaldamenti rotti per mesi e l’acqua che scende dai soffitti. L’unica volta che abbiamo visto il sindaco, i preti e i giornalisti è stata per i nomadi.
La destra mette radici?
Nei seggi delle case popolari la Lega ha preso 127 voti su 954, il Pci ne prendeva 600. Il problema non sono quelli che votano a destra, è la scomparsa degli altri, l’assenza della sinistra.
Una vita nel partito è stata una battaglia anche fisica.
Ero nel servizio d’ordine che ha accompagnato Berlinguer in Calabria per la campagna dell’83. Il Corriere della Sera lo definì un “servizio d’ordine inappuntabile ma pesante” (sorride). Prima del comizio di Reggio un ‘ndranghetista dei De Stefano aspettava Enrico per strada, credo volesse farsi fotografare mentre gli dava la mano. Con un paio di compagni venuti da Melissa (Crotone) mi sono avvicinato al mafioso e ai suoi amici. Il boss era seduto al tavolo di un bar, si è alzato per andargli incontro ma non è riuscito a fare molti passi (ride).
Col Pci non si scherzava.
Ma si rideva pure molto. Ricordo l’occupazione femminile di uno stabilimento della Fezia. I padroni avevano assoldato dei delinquenti di Guidonia, che di notte entravano nella parte posteriore della fabbrica per terrorizzare le ragazze. Ci organizzammo in quattro per andarle a proteggere: ci piazzammo due su un lato, due sull’altro, nel buio completo, in silenzio. All’improvviso alle nostre spalle si accesero le luci, sentimmo un gran vociare: era la fine del turno di un’altra fabbrica, la Sciolari. Uscirono 200 operai che ci passarono davanti ridacchiando, facendo le più ovvie battute su quei quattro maschi accucciati e infrattati nell’oscurità. Ci siamo fatti tante risate.
E oggi?
I partiti sono un’avventuretta elettorale, una conventicola di aspiranti assessori e onorevoli. Il Pci era un’altra cosa