Marisa Paolucci, “Storia di un’afroitaliana, anzi di una Negretta”, Noidonne.org, 11 settembre 2020
Marisa Paolucci, “Storia di un’afroitaliana, anzi di una Negretta”, Noidonne.org, 11 settembre 2020
Negretta. Un innocuo vezzeggiativo. Sembra. Da un punto di vista scontato. Cambiamo la prospettiva del colore, ampliamo l’orizzonte, oltrepassiamo le frontiere del banale e scopriamo che Negretta è un romanzo ispirato alla vita personale dell’autrice. Ironico e tagliente, ci permette di entrare in un mondo il cui sguardo evitiamo di incrociare, perché quello che non conosciamo ci spaventa e lo evitiamo. Se vogliamo conoscere davvero il nostro paese, se ci incuriosiscono le nuove generazioni di italiani, che parlano come noi, vivono come noi, amano il nostro cibo, sono italiani al 100% ma…è arrivato il momento di oltrepassare l’inesistente barriera cromatica, superare la frontiera del ma e ascoltare gli afroitaliani che crescono!
Avevamo già avuto l’opportunità di conoscere l’autrice con il suo primo libro “Razzismo all’italiana. Cronache di una spia mezzosangue”, un memoir sulla storia della sua vita. Marilena Delli Umuhoza è nata in Abruzzo e cresciuta a Bergamo, da madre rwandese sopravvissuta al genocidio, al razzismo nel suo paese tra Hutu e Tutzi e al razzismo italiano, e padre bergamasco, leghista innamorato dell’Africa.
Con “Negretta, baci razzisti” (Ed. RedStarPress) l’autrice ci permettere di entrare nel mondo della protagonista, un’adolescente afroitaliana cresciuta tra gli anni 80 e 90. Un’ottima occasione per scoprire questo mondo che ci appartiene. Negretta è la prima parola che l’autrice ha sentito usare per lei da quando è nata, e poi a scuola dove tutti i bambini avevano un nome, il suo era negretta. Il romanzo è costruito su una serie di istantanee della memoria, un mosaico di ricordi legati tra loro da uno stile ironico efficace ma anche amaro e pungente quando la realtà è spietata. Ci racconta le difficoltà del rapporto con i genitori che rappresentano la complessità della coppia multietnica, le relazioni con i coetanei, l’amicizia con Latte, un’amica dalla carnagione troppo bianca, perfetta per diventare la coppia di amiche Caffè Latte!
Il rapporto con la madre Chantal, la quale per proteggere la figlia pensa che il miglior modo per integrarsi nella società sia quello di conformarsi alle persone che la circondano, sbiancando la pelle, o lisciando i capelli per “cercare di sembrare bianche”. Una donna che a causa soltanto delle sue origini aveva perso tutta la sua famiglia nel genocidio e che dice alla figlia in una discussione familiare: “La fine del mondo è dover lasciare il tuo paese solo per essere discriminata in un altro”.
Con le emozioni della protagonista scopriamo cosa significa essere e sentirsi italiani senza nessuna esigenza di integrarsi e ricevere la dolorosa conferma quotidiana di essere vista dalle persone solo per il colore e dunque solo straniera. Metà nera, metà bianca, italiana al 100%. Lo sguardo impreparato della nostra società non coglie questa sfumatura.
Pensiamo ai nostri uffici: basta un impiegato comunale ad imporre o giudicare la scelta di un nome: “Lo staff del comune non accettò di registrare anche il nome rwandese scelto per me da mia madre: Umuhoza (consolatrice). Si rifiutarono sostenendo che quel nome non avrebbe fatto altro che rivestire il bambino di ridicolo, un po’ come se avessero voluto chiamarmi Hitler o Rompiballe. Più di trent’anni dopo fui io ad andare in città per documentare la nascita di mia figlia. Era passato tanto tempo eppure il nome rwandese scelto per lei fu rifiutato di nuovo”. Con quale criterio i nostri uffici accettano i nomi più astrusi e non un nome rwandese?
L’autrice ci saluta nel suo libro in questo modo: “Dopo la nascita di mia figlia, uscii col passeggino insieme a lei per la prima volta, serpeggiando per le strade della nostra città. Fu allora che lo sentii. Negretta. Per la seconda generazione di afroitaliani, poco era cambiato. Poco può cambiare in un luogo che non crede nella necessità di un cambiamento”.
L’Italia multiculturale è una realtà, la nostra storia va avanti inesorabilmente; le parole hanno un peso ed un senso e leggere questo libro ci aiuterà a comprendere i nostri errori, che siano più o meno consapevoli.
Nessun rischio, abbiamo solo scelto di guardare oltre la siepe.