Flavia Piccinni, “Giulia Ananìa: L’amore è un bellissimo accollo, la cosa più porno che c’è”, Huffingtonpost.it, 13 dicembre 2020

Flavia Piccinni, “Giulia Ananìa: L’amore è un bellissimo accollo, la cosa più porno che c’è”, Huffingtonpost.it, 13 dicembre 2020

 

 

Giulia Anania è un fiume: una tempesta di parole che ti portano altrove, un giro di chitarra che varia inaspettatamente e ti spiazza, una poesia spezzata che trasuda Roma, e disperazione, e amore. Paroliera di grandi artisti, cantautrice e scrittrice, ha appena pubblicato “L’Amore è un accollo” (Bizzarro, pp.96), libro di poesie e di denuncia, incrocio di frammenti e di pensieri. “Non ci avevo mai pensato – spiega lei, i capelli biondi spettinati e la voce roca, avvolgente – a scrivere un libro. Mi considero una moltitudine di cose, anche se la poesia è sempre stata al centro del mio lavoro. Ho iniziato a scriverne a 11, 12 anni. Poi sono arrivate le canzoni, un modo di comunicare stradaiolo, e l’incontro con l’editore Cristiano Armati: mi è stato dietro diversi anni, io un po’ sfuggivo, un po’ no. Poi quando Carlo Verdone ha scritto quella prefazione, a un libro che ancora non era un libro, ho deciso che forse il mio universo poteva diventare anche degli altri”.

Verdone nota, per esempio, come lei “sia un’autrice dotata di una rara capacità di osservazione del dettaglio, fino a farlo diventare protagonista”.

Questo è un mio piccolo trucco. O, meglio, uno stile di vita che invito tutti a mettere in atto. Vede, credo che ognuno di noi, ogni gesto quotidiano, sia carico di poesia. Un esempio? Io amo guardare la gente che, a Roma, aspetta il tram 19. Tutte quelle persone con storie, ambizioni, speranze e delusioni diverse. Mi piace cercare la poesia fuori dai luoghi comodi, anche in mezzo alla monnezza. Ed è questo che ci aiuterà a sopravvivere, a tornare a innamorarci. Secondo me tutte le persone sono in qualche modo una poesia.

Cosa le piace di queste poesie-persone?

L’idea di andare a cercare l’amore con loro. Adesso l’amore è la cosa più pornografica che c’è. Nulla è più estremo del parlare di sentimenti, dichiararsi, essere fedeli.

In che senso l’amore è la nuova pornografia?

Negli ultimi anni, tutta Italia ha vissuto una sorta di Spoon River con la chiusura di cinema e teatri, e la scomparsa di tante persone che, se prima lottavano, adesso si sono chiuse in loro stesse. Ho notato che oggi la cosa più difficile da fare è dire ti amo, ti voglio bene, ma anche come stai? Dobbiamo tornare ad accorgerci degli altri. Abbandonare il cinismo, rivendicare i sentimenti. Nessuno potrà farmi cambiare idea: siamo su questa terra fondamentalmente per innamorarci, e avere un cuore attivo.

Il suo cuore oggi è attivo?

No. In passato sono stata innamorata, ma da molto tempo non mi succede più. Però vivo gli amori degli altri. Una domanda che faccio spesso è sei innamorato? Ma, anche: che cosa è per te l’amore?

Perché non si innamora?

Vai a capire… Ho incontrato persone che volevano rubarmi la libertà, e questo mi ha molto spaventato, o altre che volevano stare con me solo per scampare alla solitudine.

Lei ha paura della solitudine?

No. Poi, come dico in questo libro, l’amore è un bellissimo accollo. Ma attenzione: a Roma l’accollo è un impegno, anche se sei single come me da tanti anni. Tutto quello che fai d’importante ha bisogno di impegno, etica. Bisogna accollasse l’amore, la nostra passione, per questo vale la pena anche soffrire.

Si sente mai sola?

’Avoja. Tantissimo. In Italia poi l’artista è lasciato solo. Con il covid la situazione è peggiorata.

Che vuol dire essere soli?

Significa che non viene capito quello che ti muove, il tuo lavoro, il tuo impegno. Oggi è molto difficile per gli artisti, soprattutto quelli indipendenti, avere una rete, degli spazi dove stare.

Mi scusi, ma che rapporto ha con l’amore degli altri?

Mi incuriosisce: a volte chiedo a degli sconosciuti di leggermi delle poesie, e aspetto la loro reazione. È molto simile a quando qualcuno ti parla della persona che ama. È un modo per vedere le persone senza performance, senza sovrastrutture. Ecco, l’amore non ha bisogno di performance. L’amore ci spoglia. Forse è per questo che non mi innamoro, trovo troppa performance.

Per lei che di mestiere fa la cantante e la paroliera, che cosa è una performance?

Ci penso spesso, al rischio di diventare personaggi di se stessi. Oggi per me la performance è l’opportunità di diventare se stessi, ma anche l’alternativa che ti permette di tornare indietro sui tuoi passi. Nel negativo la performance è come vivere sempre sotto un riflettore, e questa è anche colpa dei social. Ma le persone, secondo me, sono sempre più belle fuori dal web.

Il confine fra reale e virtuale, anche a causa della pandemia, è sempre più labile. Secondo lei perché?

A volte si rimane intrappolati. I social non sarebbero così pericolosi se, in qualche modo, le persone continuassero a trovare più stimoli nella vita reale. Ma il lento e inesorabile tracollo culturale chiude continuamente ogni spunto di confronto. Per ogni cinema dalla serranda abbassata, per ogni teatro fermo, per ogni piazza vuota si perde un’occasione di socialità, e ci si affonda dentro se stessi. Ormai, per causa di forza maggiore, abbiamo trasferito dentro le case il mondo di fuori. Io spero però che torneremo a popolare il mondo.

Dove ha vissuto la pandemia?

A Roma, con negli occhi ancora Marsiglia dove vivevo da un paio di mesi perché avevo bisogno di scappare dalla ferocia, dai porti chiusi, da un clima artistico asfittico. Avevo bisogno di una città poverissima, la città più povera della Francia, e allo stesso tempo la più felice, dove la mescolanza di culture è una ricchezza. Prima del lockdown sono ritornata in Italia, e ho cercato di darmi da fare.

Come?

Questa estate, per esempio, ho fatto dei concerti per far ripartire gli spettacoli dal vivo. Poi mi sono resa conto che alla gente non gliene fregava niente.

Sembra una battuta di Verdone.

(ridendo) Sa cosa mi ha detto Verdone? Ovvio che sono i posti più sicuri, i cinema e i teatri. E sai perché? Perché non ci va nessuno.

Una constatazione disperata.

Ma realistica. Mi ha ferito la reazione dei politici, ma in realtà sono arrabbiata con il pubblico che non fa il pubblico. Anche questo è un non innamorarsi più. Ci si innamora facendo delle cose: andando al cinema, a teatro, a una mostra, andando a ballare. Mi mancano i corpi, la danza, la musica. Una conseguenza che vedo è che i corpi, anche sessualmente, non ci sono più. Le città non sono più carnali.

La sua lingua è stradaiola. Roma è grande protagonista. Come la vede la città adesso?

In “Alzate, Roma!”, parlo della città come di una mamma depressa a letto. Roma oggi è perduta, non gode più della sua grande ricchezza. Dobbiamo capire che nell’Italia multietnica e multiculturale e multidialettale possiamo rinnovarci e divertirci ancora, scoprire cose nuove. Oggi a Tor Pignattara vedi il futuro del mondo, non certo a Montecitorio o all’aperitivo al Pigneto. Se dovessi immaginare Pasolini adesso in città, non andrebbe a fare l’aperitivo da Necci, ma a incontrare il mondo di Piazza Vittorio.

Perché resta?

Non riesco ad abbandonare la zattera che affonda. E anche il libro l’ho fatto per questo. Seppure per ora il sapore sia amaro, c’è sempre una speranza di vedere il cambiamento. In fondo resto convinta che le persone siano molto più belle di quelle che ci vogliono raccontare. Le persone, quando sono una vicina all’altra, sono molto più aperte rispetto a quello che la politica ci vuol far credere.

“L’amore è un accollo” è diventata una canzone per Paola Turci con il titolo “Ma dimme te”. La sua vita è anche scrivere canzoni per gli altri: ha firmato testi per tutti i più grandi artisti italiani. Da quale è stata sorpresa?

Laura Pausini: un personaggio iconico, ma soprattutto una donna molto intelligente e femminista. Ma anche Fiorella Mannoia ed Emma. Lavorare con grandi artisti è diventare uno sceneggiatore capace di entrare nella vita di un altro. La responsabilità è tanta: sai che quella canzone verrà ascoltata da milioni di persone, e sarà necessario trovare un equilibrio fra il non perdere il proprio stile, e andare incontro alla gente. Le canzoni servono a fare felici le persone, a farle cantare insieme. Devono essere generose.

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