Tavo Burat

FRA DOLCINO E MARGHERITA

Tra messianesimo egualitario e resistenza montanara

«Essere “neodolciniani” significa riaffermare in Dolcino e nel suo movimento ereticale il simbolo di una “civiltà alpina” che anche con la loro sconfitta di ribelli apostolici iniziò il degrado. Una civiltà alpina non rassegnata a estinguersi, decisa a resistere all’omologazione di un falso progresso che altro non è che la prosecuzione del colonialismo di cui è vittima la montagna da parte dei poteri economici metropolitani. Battersi per una resistenza antica e nuova per il diritto alla “diversità” mai dimenticando che Margherita è emblema del riscatto delle donne e degli uomini vivi e liberi, creature di una madre-terra da amare e difendere da chi intende profanarla e violentarla» (Tavo Burat).

«La lotta della società alpina, per salvare, con l’identità originale, anche la propria esistenza, è stata più che millenaria; e la Resistenza del 1943-45 ha avuto anche il significato dell’ultima battaglia di quella civiltà: l’estremo “tuchinaggio”. Basterebbe rileggere la Dichiarazione di Chivasso dei rappresentanti della Resistenza della Valle d’Aosta e delle valli valdesi, per rendersene conto. Per questo la lontana ribellione valsesiana che, per la presenza e la guida di Dolcino, è divenuta “ereticale” al punto di confondere i locali con i forestieri apostolici, è attuale; essa parla ancora alle nostre sensibilità di montanari “non rassegnati” ad accettare una montagna colonizzata, ridotta a squallida periferia per le seconde case di chi, nei grossi centri della pianura, detiene il potere economico; per questo, quella rabbia remota dà voce anche alla nostra…» (Tavo Burat).

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Scheda Bibliografica

Autore Tavo Burat
Pagine 128
Formato cm 13 x 21 – brossurato
Tabor Edizioni